Il Pozzo d’Amor – Bruno Bavota

Musica da camera? Contemplazioni? Intime endorfine al pianoforte? No, voltate pagina; una che sia sgombra di pre-concetti. E stavolta non si tratta dell’incubo di ogni artista, la “blank page”, semmai uno spazio vuoto da riempire senza frenesia. Bruno Bavota è un pianista. Su questo non ci sono dubbi. E ha prestato le sue 10 affusolate dita per la sezione ritmica de Il Giardino Meraviglioso di Adailysong & Andrea De Rosa. Tuttavia l’esigenza di esternare le proprie sensazioni scalpitava, come un feto con troppa voglia di vita, ed il tutto sfocia in un istintivo e spontaneo progetto dal sangue creativo e viscerale.

Bruno BavotaIl Pozzo d’Amor contiene 12 episodi di grande pathos emotiva, dall’anima decadente forse, ma privi di lagnosi rantoli o facili bronci. Per chi sa ascoltare ci troverà sicuramente tanta, probabilmente troppa, delicatezza e tatto: dallo stile classico, rallentato a tratti, che sa concedere alle meningi una pausa da tutto il trambusto della quotidianità.
Bavota non riesce solo a tradurre in musica degli stati d’animo a cui tutti possono rifarsi, ma sa introdurre anche una sorta di messaggi tra le righe del pentagramma, ad irrobustire la tela concettuale del disco. Capace di aprire finestre emotive ed ottenere dalla vita di tutti i giorni osservazioni lucide, un pò come guardare il mondo da un ampolla di cristallo; ecco che con tale modus operandi appare decisamente convincente la movenza a singhiozzo de Il Rumore delle Stelle Cadenti, che simula la silente scia degli astri della speranza. Proprio quest’ultima è la chiave di volta per una corretta lettura del disco: l’individuo che apre il proprio universo agli altri, conscio di poter essere ferito nuovamente, ma anche fiducioso che prima o poi qualcosa possa muoversi anche dentro gli altri “estranei”.

Arie dal sapore malinconico, criptico, da tenebra castrata, che mi ricordano ad esempio un compositore che apprezzo molto come Camille Saint Saëns, specialmente quando Bavota viene accompagnato dal violoncello di Fabrizia Nicolosi in alcuni brani tra cui Bagliore e ne La Danza del Sole, tra i migliori di tutto lp.
Ne L’abbraccio, il pianista s’ ispira liberamente al omonimo dipinto di un genio da rivalutare come Egor Schiele uno dei più eclettici esponenti dell’Art Nouveau dei primi del novecento. Un binomio tra arte e musica che si rafforza ogni ascolto: vi consiglio di soffermarvi molto su questo brano!
Come un fendente che ferisce senza rumore, Lo Specchio dell’Anima smuove qualcosa dentro, una sensibilità nascosta dall’autore stesso, e non può fare altrimenti: bisogna proteggere se stessi.
Un disco da gustare con calma, in solitudine o in compagnia non fa differenza: qualcosa succederà comunque!

 

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Adailysong youtube

recensito da Poisonheart
 

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