Ψ² – Astolfo Sulla Luna

Degli Astolfo sulla Luna avevamo già parlato lodando il loro primo ep (Moti Browniani, leggi recensione) del 2011, un concentrato malato di rock sperimentale e di concettualismo quasi surrealista. Sono passati alcuni e anni ed ecco che incrociamo di nuovo la strada di questo trio (Rosalia Cecere, Gianluca Timoteo e Francesca Del Gaudio) che sa coniugare il ruvido della musica indipendente con l’alloro della conoscenza letteraria e perchè no, anche scientifica.

In Ψ² (Psi al quadrato) ho dovuto riaprire i libri di Fisica dell’università, per solo lontanamente avvicinarmi a cosa gli Astolfo sulla Luna volessero comunicare. Eppure il concetto era così semplice: la teoria degli errori, l’indeterminatezza di fondo, le parafrasi concettuali non sono altro che metafore di una via di fuga verso quello che è il conformismo, musicale e personale, nonché la difficoltà nella comunicazione.

Astolfo Sulla Luna - Ψ²La musica degli Astolfo sulla Luna è potente, densa di grumi, nel quale i toni grevi del basso e gli acuti sporadici della chitarra collidono in un’esplosione granitica che mantiene una certa logica. Il cantato-raccontato, è quasi un proclama, richiama il modus-operandi tipico del maestro Mimì Clementi; tuttavia le analogie vengono amputate alla radice grazie anche ad un approccio melodico torturato e meno immediato; la band ragiona per probabilità, non per parole. Sono i lunghi delay, le ottave che prendono una tangente tutta loro, il perenne scappare da strutture metriche allineate, che permette gli Astolfo sulla Luna di suonare e produrre una musica matematica e rigorosamente precisa, senza che all’orecchio questa possa essere percepita.
Il senso di claustrofobia viene emulato da un basso corposo che in ogni brano fa sentire la sua disperazione ed il suo peso, tempi disallineati che mirano ad evidenziare l’errore sistematico di fondo: il dinamismo non manca di certo in Ψ².

The Dry Salvages apre con una domanda che lascia interdetti: «Hai presente il moto delle onde?» (e come no, verrebe da dire!); e prosegue come uno swing decapitato, nel quale i cambi di direzione sono armonici ed improvvisi allo stesso tempo. Una lunga jam disturbata da incursioni di rumore e da una vena di sconfitta verso il nemico eterno, che di nome fa tempo (l’entità nel quale sono celati tutti gli errori). La pallottola colpisce il cuore ma non attecchisce l’animo combattivo degli Astolfo sulla Luna che in 2 A cos(π/2) azzardano un parallelismo tra due minuscoli puntini (o persone) che viaggiano in direzioni opposte mossi dal silenzio che li spinge sempre più verso gli estremi: «Allora abbiamo smesso di camminarci accanto / fino a distruggere tutto in una sola linea che chiameremo silenzio».
Il concetto del silenzio e delle onde del mare ritornano ciclicamente (o meglio, ellitticamente!) lungo il corso del disco, ecco che in Entscheidungsproblem, si realizzano melodie sgraziate ma rotonde che disegnano orbite musicali che passano una volta sola, nascondendo ai meno attenti quel preciso significato. L’incapacità nella comunicazione viene nuovamente delineata in Fergus, ritornano anche le onde del mare ed una poesia salvifica che incendia tutto per ricreare condizioni nuove: «Spargerò sale sulle nostre rovine e quando pioverà sarà mare»

In Gödel è la contrapposizione nei diversi accenti nel cantato che rendono il brano livido di tensione, mentre l’uomo in una scatola di L’assedia è la metafora perfetta per questa nenia verso l’incomunicabilità: l’uomo spera di rimanere senz’aria dentro la scatola, ma la forza di sopravvivenza batte la solitudine, ed il destino poi diventa fatalità.
Non cadranno foglie stasera e Germe prendono versi opposti per incrociarsi matematicamente nel medesimo vertice, le relazioni interpersonali (se non direttamente amorose) vengono riscritte con inchiostro bianco su foglio bianco: non resta che decifrarle a vista.
Discoso più intenso per Ibis redibis non morieris in bello, brano complesso, elaborato e combattivo allo stesso tempo che evidenzia come l’indifferenza sia un’altra battaglia da combattere a mani nude, un po’ come farebbe Teseo con il Minotauro, se entrambi non si fossero prematuramente arresi, il finale è ironico, tagliente ed ambiguo: «Lo crederesti, Arianna, non mi sono quasi difeso». Chiudo con Ar-men, nel quale la poetica e la sperimentazione sono sempre molto dirette: «Che i guardiani dei fari sono come marinai, senza coraggio» sommo inno al silenzio, sommo inno alla solitudine!

Gli Astolfo sulla Luna con Ψ² hanno azzardato molto, specie con se stessi, poiché sia a livello compositivo che melodico hanno saputo alzare volumi ed i ritmi riuscendo a far coincidere le loro idee di partenza con un risultato musicale finale eccelso. È musica non immediata, è musica che ti rimane dentro un bel po’… un lenitivo contro la solitudine, o un urlo di rabbia contro essa … ma forse stiamo parlando della stessa cosa!

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recensito da Poisonheart
Poisonheart hearofglass

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